di Daniela Vasta (Storica dell’arte e curatrice)
Lieve e scontrosa. Ironica e ostinata. Evasiva ed austera. Così è la figura femminile che attraversa le scene della serie grafica inedita Fragile (2018) di Lucia Sapienza, una narrazione in punta di lapis che racconta il percorso accidentato della vita e le risorse che sostengono il passo.
La fragilità e la tenacia sono due facce della stessa medaglia nell’immaginario dell’artista siciliana. Tratteggiata con pochi segni sicuri, la protagonista di Fragile è una donna – ma si tratta a ben vedere di una figura universale dell’umanità tout court – che attraversa la vita con audacia e spirito resistenziale: conosce la solitudine e le sue insidie, la vertigine del precipizio e il brivido dello stare sospesi, ma sfida la minaccia – che sia un terreno instabile o un burrone profondo – con spirito caparbio e anche con una leggerezza francamente liberatoria; anela a un cantuccio protettivo e confortante ma sa anche godersi un momento di riposo tra le nuvole, il vuoto sotto i piedi; talvolta sembra sfidare sé stessa, e la si vede confrontarsi, interrogativa, con un grande volto crettato. Il segno grafico pulito e veloce non ha nulla di superfluo e arriva diretto ed elementare, optando per una descrizione sobria al limite del minimalismo.
Si può immaginare che il percorso di questo personaggio continui, metaforicamente e con un’intonazione più introspettiva, nelle tavole dei Cappelli (2017), serie fotografica che è parte di un progetto più ampio – sviluppato da Sapienza a partire dal 2015 – vòlto a indagare la valenza simbolica del guardaroba femminile. I copricapi – che l’artista ha ritratto all’interno di una bottega artigiana e poi rielaborato digitalmente – sono leggibili come ulteriore declinazione del tema della fragilità, alludendo a un bisogno di protezione e di riparo. Coprirsi il capo è un segno polivalente di nascondimento, decoro, modestia, difesa; è il completamento di un’eleganza ricercata – talvolta la decorazione è sovrabbondante – che allude a un’immagine femminile d’altri tempi; un cappello è una calotta per i pensieri o un ulteriore confine fra il proprio corpo e l’Altro. Il segno è qui morbido e sfumato, con vellutate movenze di pastello e ombreggiature profonde, che rievocano l’intimità di un antico armoire odoroso di lavanda.
Sperimentatrice assidua di vari supporti e media, Lucia Sapienza ha un’attitudine curiosa e intraprendente nei confronti dei materiali e delle tecniche: ha praticato la pittura e la scultura, ma nell’ultimo decennio ha prediletto la grafica e l’incisione – delle cui tecniche è profonda conoscitrice – e il supporto cartaceo, così propenso a registrare in modo immediato il primo impulso creativo. Attraverso la fotografia ha esplorato poi il concetto di labilità dell’immagine e di dissolvenza della materia, prediligendo tessiture fuligginose e inclini al misunderstanding percettivo. D’altro canto, però, la lunga militanza nella Poesia Visiva e le collaborazioni con illustri esponenti di questo movimento hanno regalato all’artista siciliana una leggerezza di ispirazione, un’attitudine briosa, che contagiano di lievità anche gli argomenti più seri e scabrosi.
Le esperienze artistiche e la produzione di Sapienza, pur molto diversificate nelle modalità espressive e nelle scelte tecniche, sono a ben vedere accomunate da un’accurata ricerca sul segno e dalla contaminazione fra i linguaggi iconico e verbale; a livello tematico la riflessione sull’identità dell’individuo nel mondo contemporaneo, con una particolare attenzione al tema del corpo e della donna, giunge a esplorare la comunicazione di massa e le nuove tecnologie, la pubblicità e il circuito dei consumi, indagando la dialettica sottile fra il bisogno identitario della persona e i ruoli sociali che lo insidiano.
Luciasapienza.blogspot.com